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November 5, 2014  |  By ENCOD In Cannabis Social Club

Manuale per creare i Cannabis Social Clubs

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Una Iniziativa dei Cittadini per un sistema legale di produzione, distribuzione e consumo personale della Cannabis.


I Cannabis Social Club sono a tutti gli effetti delle Associazioni No-profit regolarmente costituite, con uno Statuto, un’organizzazione interna e la massima apertura al dialogo con le Autorità, che intendono svilupparsi nei Paesi dove il consumo personale della cannabis è depenalizzato, proprio con l’obiettivo di poterne praticare la coltivazione collettiva e soddisfare – in maniera legale e senza scopo di lucro – il consumo personale dei soli soci adulti che ne fanno parte, stabilendo così un circuito chiuso tra coltivatori e consumatori, dove l’intero processo di produzione, distribuzione e consumo venga sottoposto alla supervisione delle Autorità e, soprattutto, sia svincolato dal traffico illecito di stupefacenti e da ogni altra attività illegale da cui dipendono i maggiori rischi per i consumatori, anche per quanto riguarda l’abuso e l’uso problematico di cannabis ed altre sostanze.

Sebbene al momento, in tutta Europa, ci siano Cannabis Social Club che operano in maniera legale solo in Spagna ed in Belgio, dove la coltivazione personale della cannabis non è reato, secondo Encod, è lecito ipotizzarne la costituzione anche in tutti quei Paese dove, essendo il consumo personale depenalizzato, sarebbe teoricamente possibile poter organizzare un’adeguata difesa legale dei CSC che intendono praticare l’autoproduzione della cannabis per soddisfare il proprio consumo personale, senza più essere vincolati all’approvvigionamento sul mercato nero, cioè adoperandosi in funzione di un mutamento normativo necessario per non infrangere la legge e tutt’altro che improponibile, soprattutto con un adeguato lavoro di lobby, attivismo e campagne di informazione. Le Convenzioni internazionali sulle droghe, infatti, pur vietando il commercio di sostanze stupefacenti illegali, non sanciscono l’obbligo di punire la coltivazione ed il consumo personale della cannabis: i Paesi firmatari avrebbero perciò la piena facoltà di depenalizzare e regolamentare l’intero processo di produzione, distribuzione e consumo personale, senza incorrere in alcun tipo di sanzione internazionale.

Se ti interessa sapere come fare ad aprire un CSC nel tuo Paese, continua a leggere.

L’avvio di un Cannabis Social Club in 4 fasi

In base all’Articolo 12 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: “ognuno ha il diritto alla libertà di riunione pacifica e di associazione a tutti i livelli” e, finché le proprie attività non minacciano la salute e/o l’ordine pubblico, le Autorità non hanno alcun motivo per interferire.

Volendo ipotizzare la costituzione di un Cannabis Social Club, è fondamentale evitare qualsiasi connessione con il mercato nero, perché un CSC che si possa definire tale, non solo deve sembrare legale, ma deve anche esserlo realmente, in modo da poterlo dimostrare nel corso di un eventuale processo a proprio carico. Pertanto, è bene non dimenticare mai che l’organizzazione e la gestione di un CSC necessitano di molta serietà e di una rigida disciplina.

Per funzionare, ogni Cannabis Social Club ha bisogno di soci che partecipino attivamente all’organizzazione ed alla gestione, in varie forme e con diverse responsabilità. Le norme di condotta all’interno del CSC devono essere chiare e semplici, rispettate e controllate in maniera democratica. Fin dall’inizio, è consigliabile richiedere l’assistenza legale di un avvocato che possa offrire la propria consulenza in merito ai passi da compiere prima, durante e dopo l’avvio del CSC, oltre che preparare una linea di difesa legale nell’eventualità che essa fosse necessaria.

Inoltre, ancora prima di prendere in considerazione l’idea eventuale di avviare un Cannabis Social Club, è bene verificare il quadro giuridico riguardo il consumo di Cannabis in vigore nel proprio Paese: qualora esso non sia considerato un crimine penalmente perseguibile, la cui detenzione personale, entro certi limiti, è sanzionata “solo” amministrativamente (come è il caso dell’Italia), in teoria dovrebbe essere possibile organizzare una adeguata difesa legale del Cannabis Social Club. Per maggiori informazioni, vedi l’elenco della quantità soglia legale nei paesi dell’UE.

Fase 1: presentazione pubblica dell’iniziativa

Il primo passo da compiere verso l’avvio di un Cannabis Social Club è la presentazione della propria iniziativa attraverso una conferenza stampa e/o la pubblica diffusione della notizia (social network, sito web, magazine, giornali e TV locali, etc…). Il modo migliore per farlo è cercando di coinvolgere una personalità nota (politici, artisti, sportivi, etc…), in modo da beneficiare di una adeguata visibilità e ridurre il più possibile l’eventualità di essere perseguiti per la detenzione – sempre nei limiti del consumo personale – di semi, piante o quantità di cannabis durante le fasi di presentazione della propria iniziativa.

Inoltre, sempre nell’ambito di tale presentazione, è importantissimo sottolineare (nella maniera più chiara ed incisiva possibile) come l’unico scopo del Cannabis Social Club sia quello di intraprendere la condotta coltivativa per l’esclusivo consumo personale dei soci adulti del CSC e per offrire un’alternativa legale, sicura e trasparente al traffico illecito di stupefacenti.

Qualora non ci fosse nessuna reazione da parte delle attività giuridiche che possa lasciar presagire l’intento di perseguire l’iniziativa, è possibile passare alla “fase 2”.

Fase 2: costituzione del Cannabis Social Club

La fase successiva è la costituzione ufficiale del Cannabis Social Club: una associazione no-profit , formata da consumatori (ESCLUSIVAMENTE ADULTI) di Cannabis, che coltivano collettivamente, attraverso un circuito chiuso, la quantità necessaria al proprio consumo personale.

Occorre creare un comitato esecutivo che includa almeno le figure del Presidente, del segretario e del tesoriere e stabilire un processo decisionale democratico e trasparente, in modo che tutti i soci del club possano essere consapevoli dei passaggi principali dell’organizzazione, l’adozione di accordi finanziari, etc.

Lo statuto deve necessariamente contenere lo scopo dell’associazione: ridurre ed evitare i rischi per la salute che potrebbero derivare dall’uso irresponsabile e/o dall’abuso di Cannabis, nonché ridurre ed evitare i rischi connessi all’approvvigionamento sul mercato nero, in termini legali, e sanitari (adulterazione della Cannabis, istigazione all’uso di droghe pesanti, etc.). Gli obbiettivi possono anche essere correlati allo studio della pianta per scopi di ricerca, all’utilizzo di metodi di coltivazione che rispettino esclusivamente gli standard dell’agricoltura biologica ed alla promozione di un dibattito sociale sullo status legale della Cannabis e sulla riqualificazione dei consumatori. Su richiesta, è possibile ottenere il modello di statuto già adottato da Encod per i Cannabis Social Club in Spagna ed in Belgio.

Lo statuto di un Cannabis Social Club, come quello di una qualsiasi altra associazione no-profit, dovrebbe essere regolarmente registrato e legalmente riconosciuto dalle autorità competenti. Per iniziare, occorre consentire agli utenti di iscriversi al club (assicurandosi che si tratti di adulti già consumatori di Cannabis e/o che abbiano una riconosciuta condizione medica in base a cui il consumo di Cannabis non può essere dannoso, se non terapeutico).

A questo punto, abbia inizio la coltivazione! È necessario stabilire a priori la quantità di piante necessaria al consumo personale dei soci ed organizzare la produzione collettiva in una piantagione comune. La coltivazione dovrebbe essere esclusivamente biologica e garantire una adeguata varietà di piante disponibili, in modo che i soci del club possano sperimentare continuamente nuove specie di Cannabis ed individuare quelle più adatte alle proprie esigenze.

Accertarsi che le persone che conducono la coltivazione ed eventualmente effettuano il trasporto di piante, infiorescenze e/o altri derivati pronti all’uso siano sempre in possesso della documentazione che specifica l’attività dell’associazione e che faccia riferimento ai legali antecedenti. La documentazione dovrebbe essere tale da risultare che la Cannabis nella piantagione collettiva è stata coltivata a nome dei soci del club, identificabili in una anagrafica ufficiale (per esempio una scheda contenente una copia dei documenti d’identità). Questa documentazione potrebbe essere cruciale per evitare la persecuzione delle persone principalmente coinvolte nell’associazione, nell’eventualità in cui l’autorità giudiziaria potesse decidere di intervenire. Se la distribuzione ed il consumo della Cannabis può avvenire all’interno del club, dipende tutto dalla legislazione nel proprio Paese e dalla corretta interpretazione in caso di processo.

Fase 3: rendere maggiormente professionale il proprio club

Con il tempo, la quantità di soci del club crescerà e l’organizzazione della produzione, del trasporto, dei pagamenti, etc., dovrà diventare più professionale. Al fine di consentire all’associazione di gestire bene la coltivazione è consigliabile allestire diverse piantagioni di piccola scala.

Ogni club può avere le proprie regole, che integrano ed estendono quelle sullo statuto, per disciplinare l’uso degli ambienti a disposizione dei soci per consumare la propria Cannabis, le modalità di pagamento della quota associativa, i metodi di coltivazione, il buon spirito di gruppo del club, etc. In queste regole è possibile includere il codice di condotta per i soci, ad esempio il divieto assoluto di vendere la Cannabis prodotta al di fuori dei soci, a maggior ragione se minorenni.

Per evitare problemi e fraintendimenti, può essere una buona regola quella di informare le autorità in merito alla condotta di coltivazione collettiva. Alcuni club in Europa hanno informato le autorità giuridiche nella propria zona, il più vicino ufficio di Polizia o il comune, altri hanno semplicemente redatto un comunicato stampa.

Il proprio status di associazione no-profit non implica il divieto delle transazioni commerciali. Per produrre Cannabis di buona qualità ed in modo sano e sicuro, è richiesto duro lavoro che deve essere remunerato e continui costi di gestione da coprire. Per operare come una associazione, occorre sostenere delle spese e prevedere un salario per le persone addette ai lavori.

Il prezzo della Cannabis dovrebbe essere sempre stabilito in maniera trasparente e democratica, considerando tutte le spese che possono essere incluse: affitto degli spazi comuni, acqua, elettricità, materiali, salari, costi di ufficio, benzina e costi generali dell’associazione.

In Spagna ed in Belgio, ottimizzando il lavoro, è stato possibile arrivare ad un prezzo che oscilla tra i 3 ed i 4 euro al grammo. La maggior parte dei club più sviluppati opera in base ad un bilancio annuale, così che il prezzo possa essere adeguato ogni anno. In altri casi, il calcolo esatto può avvenire anche in occasione di ogni raccolto (3-4 mesi).

Nel caso in cui si dovessero realizzare profitti, questi non vengono in nessun caso ripartiti tra i soci, ma utilizzati per portare avanti gli obbiettivi dell’associazione. L’ipotesi più semplice, in caso in cui il bilancio annuale del club si chiuda con dei profitti, è quella di ridurre in maniera proporzionale la quota associativa dei soci per l’anno successivo.

Le transazioni finanziare devono essere documentate sempre, sia i pagamenti in uscita, con fattura, sia quelli in entrata, con le ricevute. Ciò è molto importante per dimostrare, in un eventuale processo a carico, che il club non è stato coinvolto in alcun tipo di attività illecita o sommersa ed aiuta anche a garantire la trasparenza finanziaria dell’associazione.

È una buona idea quella di stabilire un meccanismo di controllo esterno all’organizzazione, operato da qualcuno che non è un socio del club e che perciò abbia la capacità di giudicare se i metodi utilizzati soddisfino le norme (eventualmente) previste per questo genere di attività.

Fase 4: Fare pressione per ottenere una regolamentazione legale dei Cannabis Social Club nel proprio paese

Una volta che un Cannabis Social Club funziona correttamente, ciò che rimane è quello di convincere le autorità politiche e giuridiche di installare un quadro normativo giuridico per i club, per quanto riguarda le licenze, le tasse, il controllo esterno.

Nella maggior parte dei casi, i politici, giuristi, giudici o poliziotti semplicemente non sanno come iniziare a regolamentare un mercato legale della Cannabis. Questo può aiutare il processo: quando non ci sono nessun antecedenti, i modelli che vengono proposti dai consumatori stessi possono diventare più facilmente accettati.

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