Da estense.com
Di Marco Zavagli
25 giugno 2009
La requisitoria dell’avvocato Anselmo, che rappresenta la famiglia: “L’alibi creato a tavolino non coincide con i tempi”.
Sette ore di arringa. Tanto è durato l’intervento del terzo difensore delle parti civili al processo Aldrovandi. Sette ore di arringa in cui Fabio Anselmo spiega come non si possa parlare di sinergia degli effetti degli stupefacenti per spiegare la morte di Federico Aldrovandi; come gli studi citati (“e non depositati”) sui decessi per excited delirium syndrome si riferiscano soprattutto a shock scettici o a incidenti stradali; ma soprattutto per ricostruire meticolosamente i movimenti delle volanti Alfa 2 e Alfa 3. Quelle che la notte del 25 settembre 2005 ingaggiarono la colluttazione al termine della quale perse la vita Federico.
L’ALIBI
“Fin dall’inizio si è costruito un alibi falso per i quattro agenti” attacca Anselmo, che definisce le relazioni di servizio “scritte non a due o a quattro, ma a dieci mani: perché o gli imputati hanno raccontato un sacco di bugie ai colleghi ed amici che si sono completamente fidati di loro o erano tutti d’accordo”. Questo perché chi intervenne per i rilievi e le prime operazioni in via Ippodromo “si accertò prima di tutto che non vi fossero testimoni oculari”. Questo “alibi”, “costruito per provare l’assenza delle pattuglie prima delle 6 in via Ippodromo”, presenterebbe però una falla, una falla determinante. Le telefonate al 112 dei carabinieri: “queste registrazioni sono quello che non avevano calcolato”.
Tutto parte dal famoso “stacca” del centralinista Luca Casoni al capo turno delle volanti di quella notte Marcello Bulgarelli. “Da allora ci si dimentica di riattaccare e registrare le conversazioni delle volanti e della centrale per riprendere solo ore e ore dopo – insinua Anselmo -; e questo perché quella cassetta viene estratta per ascoltarla e studiarla a tavolino fin dalle 6.58, quando l’assistente capo Andrea Raucci, che subentrò a Bulgarelli, chiese ai carabinieri di tenere le loro registrazioni”. Questo il problema alla base di tutto, secondo il difensore degli Aldrovandi: “c’era stato un pestaggio con colpi inferti anche alla testa e temevano di averlo ucciso a manganellate”.
ORARI
Incrociando i tabulati telefonici con le testimonianze rese al processo, Anselmo ricostruisce nel dettaglio gli spostamenti degli equipaggi di Alfa 2 (con Paolo Forlani e Monica Segatto) e Alfa 3 (con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri), parametrando anche i diversi conteggi (sfasati di circa due minuti) tra il sistema satellitare utilizzato dalla polizia e quello dei carabinieri. A questi si aggiungono i tabulati Telecom, che segnano le chiamate fatte dai cellulari dei poliziotti.
Sono le 5:49:19 (o le 5:50:28 a seconda del sistema di conteggio utilizzato) quando la centrale del 112 trasmette al 113 la telefonata di Cristina Chiarelli (effettuata alle 5:45:57/5:48:10). Ora, se Alfa 3 è arrivata in via Ippodromo dopo la segnalazione della sua centrale operativa, questa segnalazione può essere avvenuta solo dopo le 5:50:28. Segatto chiama Bulgarelli alle 5:52:18 che la informa di “una persona in transito segnalata dai carabinieri in via Ippodromo”. La conversazione dura 53 secondi e “dalla registrazione si avverte che al centralino – fa notare l’avvocato – c’è un’attività frenetica, nonostante fosse una notte tranquilla senza interventi; lo stesso Bulgarelli dice al telefono “ma qui suona tutto”: si riferisce alla chiamate dei cittadini per quanto sta accadendo in via Ippodromo”.
ALFA 2
Dalle 5:54:07 alle 5:54:31 Segatto chiama sempre Bulgarelli per chiedere “dov’è sto qua che sbatte la testa contro il palo” (“eppure – fa notare Anselmo -, anche se lei non era pratica di Ferrara dove lavorava da qualche anno, aveva di fianco Forlani cui poteva rivolgere la domanda anziché chiamare in centrale”). Sempre Segatto chiede se “l’intervento te l’hanno passato i carabinieri?”: “capiscono – ipotizza Anselmo – che se la chiamata l’hanno passata i carabinieri allora qualcuno dei residenti può aver visto”. Da questa conversazione il legale di parte civile desume un altro fatto: “alle 5:54 Alfa 2 sapeva già di un intervento in via Ippodromo, dove ci sarebbe qualcuno che sbatte la testa contro i pali, come riferisce alle 5:50 il 112 al centralino della questura”.
Sono le 5:58:53 (la telefonata dura fino alle 5:59:42) quando anche Cristina Fogli chiama il 113 per voci e rumori in via Ippodromo. Gli viene risposto che la polizia si sta già portando sul posto. “Eppure Bulgarelli – nota Anselmo – si lamentava che non riusciva a contattare le sue volanti”.
I CARABINIERI
“Qui avviene la telefonata che fa crollare il castello” afferma Anselmo. Sono le 6:01:33 e Bulgarelli chiama il 112 chiedendo ai militari se hanno una macchina in zona perché continuano ad arrivare telefonate dei cittadini. Gli rispondono che in via Ippodromo ci sono già due pattuglie della polizia. Viene quindi la chiamata delle 6.02.36 e Bulgarelli manda i carabinieri. Alle 6.03 arriva in centrale la telefonata di un cittadino – che aveva chiamato poco prima per dei disturbi in via XX Settembre – per avvisare che i rumori sono finiti e non c’è più bisogno dell’intervento della polizia. Nel mentre dalla registrazione si sente una voce che alla radio chiede “oh, ma quando arrivano gli altri?”. Alle 6.04 sempre Bulgarelli avverte il 118 di mandare un’ambulanza in via Ippodromo e alle 6:03:42 (o 6:05:55) chiama i carabinieri per sollecitare l’intervento di una pattuglia, dicendo che in via Ippodromo ce ne sono già due della polizia che non rispondono via radio. Alle 6.06.32 sollecita nuovamente il 112: i carabinieri a quell’ora, dunque, non erano ancora arrivati sul posto.
L’AMBULANZA
Dalle 6.07 alle 6.10 Ricci chiama dal suo cellulare la centrale, comunicando che c’è un individuo che sta poco bene: “lo dice perché – insiste Anselmo – l’ambulanza non è ancora arrivata: che Federico stesse bene lo percepiscono solo gli imputati. Sarà il carabiniere che arriva sul posto a sollecitare, lui sì, l’intervento del 118.
LA MORTE
Dalle 6:12:11 alle 6:13:13 le registrazioni riportano quella che Anselmo definisce “una conversazione terribile”: Pontani chiama la centrale e dice “l’abbiamo bastonato di brutto per mezz’ora”. “Non sono quei 3 o 5 minuti che ci vogliono far credere – irrompe l’avvocato -; se l’intervento fosse stato legittimo, perché non dirlo subito, perché tutto ciò?”.
LA GENTE
Ma a far male alla famiglia di Federico c’è anche la reticenza o presunta tale dei possibili testimoni. “Quando ascoltammo Andrea Cioni in casa di riposo – ricorda il legale -, ci disse che “la polizia va difesa e se poi ci va di mezzo qualcuno che non c’entra pazienza”; questa è la cultura e il contesto nel quale ci siamo dovuti muovere in questi anni”. E questo, secondo le parti civili, sarebbe “il risultato delle visite che la polizia ha fatto ai residenti di via Ippodromo la mattina stessa e dei continui interventi dei sindacati di polizia, che ci hanno dato degli “sciacalli”, che sono usciti sulla stampa al solo scopo di far capire che tutta la questura, tutta la polizia, tutta la città era con i quattro imputati”.
MINUTI COME MACIGNI
Pollastri afferma di avere imboccato via Ippodromo alle 5.58, quando riceve la telefonata di Bulgarelli che gli segnala la chiamata di Fogli. “Ma quella chiamata finisce alle 5:59:42 – avverte Anselmo, tabulati alla mano -; se dopo quel momento Alfa 3 procede lentamente per la strada, possiamo ipotizzare che in circa 20 secondi arrivino sul posto”. Qui viene in causa il racconto degli agenti: Federico sbuca dal buio, calcia il paraurti, la macchina fa retromarcia, il ragazzo compie dei salti, Pontani scende dall’auto e cerca un colloquio ma Federico salta sul cofano e rovina a cavalcioni sulla portiera. Poi si rialza e aggredisce l’agente. Cadono. Pollastri scende dall’auto per aiutare il collega. I due poliziotti rientrano in macchina e in questo momento Pontani chiama l’ausilio via radio. Federico cerca di aprire la portiera che non si chiude più dall’interno, mentre Pontani rinnova la richiesta di aiuto. Pollastri, alla guida, fa muovere l’auto a strattoni per liberarsi del giovane e fa una breve retromarcia. Fa inversione e si allontana posizionandosi davanti al cancello dove poi verrà trovato il corpo di Federico.. Lì Alfa 3 rimane fino all’arrivo dell’altra pattuglia che arriva alle 6:01:33.
“Come è potuto accadere tutto questo in nemmeno un minuto e mezzo? – si chiede Anselmo -. Qui i minuti pesano come macigni”.
LA SECONDA PATTUGLIA
Anche l’arrivo di Alfa 2 in via Ippodromo coincide con una chiamata. Quella di un residente di via XX Settembre che disdice la richiesta di intervento (sono le 6:03.44). In quel momento Pollastri chiede “allora arrivano gli altri?”. “Ma mentre lo dice – continua Anselmo – Alfa 3, la sua pattuglia, è ferma davanti al cancello. Perché tanta fretta se l’emergenza era finita? La prima colluttazione si era esaurita e Aldrovandi rimaneva lì. Perche chiamare rinforzi anziché l’ambulanza?”.
Tornando alla conversazione via radio delle 6:03.44, Alfa 2 sta imboccando via Ippodromo. Di lì a momenti ci sarà la seconda fase della colluttazione, raccontata in modi e dinamiche diversi da Anne Marie Tsegue, Lucia Bassi e dagli imputati. Fino alle 6.04 quando viene chiamata l’ambulanza da parte del 113. “Come è possibile – torna a domandarsi Anselmo – far rientrare tutta la colluttazione in venti secondi? Si cerca di risolvere il problema dicendo che l’ambulanza era stata chiamata anche prima, ma in questo gli imputati vengono smentiti da Bulgarelli, che per tre volte in aula ha detto di aver ricevuto una sola richiesta”.
CELLULARE
In aula vengono fatti ascoltare stralci della deposizione della Tsegue in incidente probatorio e vengono proiettate alcune foto. Tra queste anche il cellulare di Federico, appoggiato su una panchina. Da quel telefonino partono 12 chiamate dalle 5.23 alle 5.28. Il 18enne cerca di chiamare diversi amici e conoscenti, ma nessuno risponde. “Noi sappiamo – è la ricostruzione di Anselmo – che via Ippodromo era considerata allora una zona sensibile, dove spesso si trovavano tossicodipendenti. Dimostrato che Alfa 3 non si trovava in via Aldighieri, si può pensare – visto che via Bologna era di sua competenza territoriale – che fosse passata per un controllo nel parchetto di via Ippodromo e abbia incontrato per caso Federico, vestito, si dirà, come un giovane dei centri sociali”. Allora, continua la ricostruzione di parte civile, la volante potrebbe avergli chiesto i documenti che il ragazzo non aveva con sé e potrebbe aver deciso, come di rito, di accompagnarlo in questura per l’identificazione. per evitare di far sapere ai genitori che non era in condizioni fisiche “presentabili”, potrebbe allora aver cercato di chiamare qualcuno che potesse confermare la sua identità ai poliziotti. “Da qui la discussione potrebbe aver degenerato”.
NIENTE SOLIDARIETÀ
“Ci sarà una sentenza, ci saranno altri processi per casi del genere, noi saremo qui – conclude Anselmo -; chi non c’è e non ci sarà più è Federico Aldrovandi. È con questa realtà che dobbiamo fare i conti. Non esprimeteci la vostra solidarietà fasulla, ipocrita, quando poi ci querelate nella nostra ricerca della verità. Abbiate il pudore di lasciarci in pace”.