Questa seconda edizione del Critical Seeds ci sentiamo di dedicarla ad un caro amico, attivista, collaboratore che improvvisamente è scomparso, lasciando un vuoto che difficilmente potrà essere colmato. Joep, storico coordinatore della coalizione Encod, era uno che ci credeva davvero, credeva nell’umana possibilità di determinare i propri corpi, le proprie vite, le proprie scelte, e per questo ha fatto della lotta antiproibizionista un impegno ed una ragione di vita. Lo abbiamo conosciuto qualche anno fa durante una delle ultime feste della semina: sosteneva fortemente il paradigma della regolamentazione delle sostanze, partendo dalla cannabis il cui uso è oggi prevalente e normalizzato, e presentando il modello no profit dei Cannabis Social Club che aveva attivamente contribuito a fare nascere in Belgio ed in Spagna, e che si era promesso di diffondere in tutta Europa. Un modello lontano da logiche speculative, scomodo proprio perché in grado di superare il mercato nero creato dalle mafie e sostenuto in Italia da una politica istituzionale che ha perso da tempo credibilità, generando un livello di corruzione tale che l’Indice Internazionale di Trasparenza ci relega tra gli ultimi posti a livello mondiale. Il recente incontro di Ungass appena tenutosi a New York e che avrebbe potuto rappresentare un cambiamento di passo planetario rispetto alle politiche sulle droghe, in realtà non ha segnato alcun avanzamento, non si sono superate le convenzioni ONU, la criminalizzazione della cannabis, e la pena di morte che in alcuni Paesi vige ancora per reati connessi alle droghe. Eppure il fallimento della war on drugs è palese, e non possiamo più permetterci di sperperare ingenti risorse nell’inutile azione di contrasto, che porta ad aumentare di anno in anno la disponibilità di sostanze in circolazione. Un affare per cui si è disposti invece a fare guerre e ad uccidere, pur di accaparrarsi quella fetta di mercato dello spaccio che è entrato a pieno titolo nel nostro PIL. Droghe per cui si combatte e droghe che vengono usate per combattere, imposte a piloti e soldati per aumentare le prestazioni ed ottundere le coscienze assassine; le stesse droghe per cui nella nostra quotidianità veniamo limitati nelle libertà, sanzionati, arrestati, perfino uccisi da un accanimento senza senso nei confronti di un comportamento che in quanto uomini e donne ricerchiamo fin dalle nostre origini. Queste forti contraddizioni sono state in grado di creare in anni di proibizionismo una “non cultura” dell’uso di sostanze, intrisa di una finta ideologia tesa solo al becero profitto, e pericolosa in quanto non in grado di proteggere ed educare chi ne fa uso. Tra proposte di legge truffa inconcludenti e movimenti che sostengono la logica del monopolio e del business, tra invitanti brand e false speranze, qualcuno crede ancora che una reale liberazione della cannabis promossa ed attuata dal basso, possa segnare un passo significativo in direzione di un radicale miglioramento della qualità della vita e dell’intera società. Non è più concepibile fare prevenzione ed educazione esclusivamente con i cani nelle scuole, così come non è possibile riempire le carceri di drug users o intendere l’uso di sostanze come una malattia.
Riappropriamoci dell’autoproduzione di canapa e liberiamoci dal ricatto proibizionista!