Sarà un’associazione regolarmente registrata i cui componenti organizzeranno la coltivazione collettiva di cannabis esclusivamente per uso terapeuticodi
Di Danilo Renzullo
06 novembre 2014
PISA. Non sarà, né diventerà mai la Amsterdam italiana, ma al pari della capitale olandese anche a Pisa si coltiverà e si utilizzerà la marijuana apertamente. O quasi. Questo, almeno, l’obiettivo del Cannabis social club che nascerà all’ombra della Torre la prossima primavera: un’associazione regolarmente registrata i cui componenti organizzeranno la coltivazione collettiva di cannabis esclusivamente per uso terapeutico. Non sarà un circolo dove consumare “l’erba”.
Il Cannabis social club pisano sarà fondato e formato da un gruppo di persone che si pone il principale obiettivo di promuovere l’uso terapeutico della cannabis facendo leva sulla legalizzazione dell’autocoltivazione. I soci fondatori saranno infatti persone affette da diverse patologie (sclerosi multipla, glaucoma e altre), in possesso della certificazione e della prescrizione medica per assumere la cannabis a fini terapeutici. Pazienti attualmente in cura con prodotti a base di cannabinoidi (dal 2007 in Italia è possibile curarsi con la cannabis) e in particolare con il Bedrocan, infiorescenze di cannabis medica olandese.
«Persone malate e disposte a mettersi in gioco – sottolineano dall’Osservatorio Antiproibizionista, il collettivo pisano che aiuterà e appoggerà la fondazione dell’associazione -. L’assurdità è che l’Italia, viste le caratteristiche climatiche, sarebbe uno dei produttori di cannabis terapeutica migliore al mondo con un giro di affari di quasi 1,5 miliardi di euro e un indotto di 10mila posti di lavoro. E invece la compra dall’Olanda».
Il primo obiettivo del Cannabis social club è quello di rispondere alle necessità dei singoli malati. Accedere ai prodotti farmaceutici a base di cannabis è difficile, i tempi di attesa sono lunghissimi e i costi (a carico del paziente) molto elevati. Un modello che in Italia ha però un ostacolo fondamentale: la coltivazione per uso personale è infatti considerata un reato penale (l’ente autorizzato a produrre canapa a scopo terapeutico è l’Istituto militare farmaceutico di Firenze). La nascita dell’associazione sarà quindi anche una provocazione. «Lo scopo è anche quello di dimostrare che questo modello può funzionare – continuano dall’Osservatorio – e spingere la politica ad intraprendere una nuova strada e stimolare un dibattito sull’uso terapeutico per poi arrivare ad una discussione sull’uso consapevole a scopo ludico della canapa».
Il gruppo si registrerà come associazione non profit all’Agenzia delle Entrate, dove depositerà il proprio statuto, ancora in fase di stesura, e si avvarrà della collaborazione di medici e legali. All’associazione potranno aderire tutti (anche chi non affetto da patologie riconosciute per l’uso terapeutico della canapa) ma solo come soci sostenitori e non “consumatori”. Il gruppo individuerà un luogo (che resterà rigorosamente top secret) dove coltivare la canapa che, una volta raccolta, verrà distribuita ai pazienti-soci a seconda delle proprie esigenze: pratica che sarà rigidamente regolamentata per evitare abusi o l’eventuale commercializzazione del prodotto. Quello pisano sarà uno dei primi Cannabis social club italiani, che si svilupperà all’interno di un network nazionale. Il prossimo anno, i Cannabis social club apriranno infatti in altre sei città: Torino, Genova, Bologna, Roma, Bergamo e Napoli.
I vari aspetti, soprattutto quelli che investono il campo giuridico, saranno discussi ed analizzati sabato prossimo nell’ambito di un’assemblea nazionale che si terrà a Napoli. L’obiettivo successivo è quello di riunire le varie associazioni nazionali in una federazione, che avrà anche il compito di vigilare sul rischio di derive commerciali.