21.03.2015
Di Michele D’Annunzio
Il fatto non sussiste. E’ una formula assolutoria piena, quella della sentenza con cui il Tribunale monocratico di Vasto ha scagionato M.A., vastese di trent’anni, dall’accusa di coltivazione di sostanze stupefacenti.
“I fatti – ricorda l’avvocato difensore, Gianni Menna – risalgono all’anno 2012 allorquando, a seguito di una perquisizione ad opera della polizia giudiziaria nei pressi dell’abitazione del trentenne gli stessi rinvennero, all’interno del giardino di pertinenza del giovane 7 piante di cannabis dell’altezza di 130 centimetri, nonché 20 piantine della medesima specie dell’altezza di 10 centimetri ciascuna.
Nelle immediatezze del fatto l’imputato venne arrestato e, successivamente, gli venne applicata la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il Tribunale, seguendo la scia dell’ormai consolidato orientamento in materia così come enunciato della Suprema Corte di Cassazione – spiega il legale – ha accertato che la condotta, in concreto, non fosse offensiva escludendo la sua pericolosità per quel che concerne la diffusività della sostanza drogante ottenibile dalla piantumazione ai fini della tutela della salute pubblica. E’ stata, in altri termini, recependo la tesi difensiva proposta, accertata la ricorrenza dell’ipotesi della coltivazione per conclamato uso personale.
La pronunzia compare tra le poche in materia attesa la natura estremamente recente del citato orientamento giurisprudenziale, orientamento – conclude Menna – che giunge a seguito di importanti ed annosi contrasti giurisprudenziali in ordine alla esatta interpretazione e portata della condotta di coltivazione di sostanze stupefacenti”.