Dichiarazione di Alessandro Orio, Rototom Festival
Cari amici e amiche,
La guerra alla droga produce decine di migliaia di vittime ogni anno: produce morti ammazzati, sofferenze indicibili nelle galere, danni permanenti all’ambiente e alle economie dei paesi.
La follia della war on drug colpisce però anche la cultura profonda delle società in cui viviamo, cercando di imporre modelli valoriali dominanti e un pensiero unico che vede nel rapporto con la natura e le forze profonde della mente umana il male assoluto da combattere.
Il Rototom Sunsplash, festival di musica e cultura che quest’anno celebrerà a Benicassim, Espana, la sua 19ed, che l’anno scorso ha totalizzato 230m presenze e visto tra gli ospiti persone come Shirin Ebadi, premio nobel per la pace, e pensatori come, tra gli altri, Vandana Shiva e Bernard Cassen, è una delle tante vittime di questa follia.
Il Rototom Sunsplash, che si celebra appunto a Benicassim, è però nato e cresciuto a poche centinaia di km da qui: nella vicina provincia di Udine, Italia, e per quasi due decenni ha portato benessere economico, centralità mediatica e ricchezza culturale a una terra per molti versi chiusa e periferica.
Di più: il Rototom ha rappresentato per lunghi anni l’embrione di un altro mondo possibile, funzionante e felice; un’isola multiculturale e pacifica, dove la relazione con le sostanze, soprattutto la canapa, era assolutamente serena; e che sempre ha rivendicato fieramente la sua lotta antiproibizionista.
Come Enrico ci ha appena illustrato, l’Italia è tristissima avanguardia della War on Drugs, con una delle legislazioni più violente d’Europa.
E violentissima è stata, ed è, la guerra mossa dalle istituzioni italiane contro l’anomalia rappresentata dal Sunsplash e contro la sua gente, militarizzando l’area come nei peggiori stati di polizia e accanendosi spietatamente sui tanti consumatori del festival, con abusi di ogni tipo.
E soprattutto attraverso un incredibile indagine giudiziaria, durata ben più di due anni, che ha coinvolto l’ass. culturale che organizza il festival e il suo presidente, Filippo Giunta, con l’accusa di “agevolazione al consumo di cannabis” per il semplice fatto, come recitano gli atti, di essere un festival reggae, collegato alle suggestioni rastafariane e quindi alla marijuana.
Ricordo ancora quando l’ex ministro Giovanardi dichiarò pubblicamente che né Friulì né in tutta Italia per noi vi poteva essere alcuno spazio.
Il Rototom per sopravvivere -e continuare a crescere come ha fatto- ha dovuto andare in esilio nella ben più civile e tollerante Spagna, ma la caccia alle streghe è più aperta che mai: è solo di poche settimane fa la notizia che l’indagine è diventata un processo vero e proprio, dove il nostro presidente rischia dai 3 ai 9 anni di galera. Allego l’articolo chiarissimo di Franco Corleone, “Rototom ein absurder prozess”, per gli approfondimenti del caso.
La battaglia legale si aprirà il 31 maggio, e come tutti i processi in Italia durerà anni, e sarà una grande sofferenza, sotto molti punti di vista.
Ma noi non ci spostiamo di un millimetro, anzi: vediamo questa sfida come un incentivo ulteriore a moltiplicare i nostri sforzi per arrivare alla “cessazione delle ostilità”, e alla fine della discriminazione vergognosa che investe milioni di persone nel mondo; e in chiusura ringraziamo Encod e l’organizzazione tutta per l’occasione dataci di essere qui con voi a Vienna.
Grazie.
Alessandro Oria
Rototom Sunsplash European Reggae Festival
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