Da: Il Manifesto
09/12/2009
Di Patti Cirino
Ti sbattono in galera che sei una anima bella
diventi un corpo inanimato in cella
Ricordo Aldo Branzino era un falegname
Nel suo casolare a chi faceva del male?
(Assalti Frontali, Mappe della Libertà)
Nomi. Alberto Mercuriali, Nicola Tommasoni, Abdul Gibre, Riccardo Raisman. Nomi ostaggio di reticenze, impunità, ipocrisie. Nomi. Stefano Cucchi, Federico Aldrovandri, Marcello Lonzi, Aldo Bianzino. Nomi che bussano alle porte della coscienza e della memoria collettiva. Nomi scritti su fredde richieste d’archiviazione. Nomi rinchiusi tra le carte degli scaffali degli uffici giudiziari. Nomi che non vogliamo dimenticare. Nomi e storie di violenza proibizionista, indagini inquinate e istruttorie lacunose, verità insabbiate e circostanze anomale da approfondire, diritti negati e informazione tagliata. Storie imbastite di retorica securitaria, di proclami di guerra ai consumatori, di tolleranza zero.
Storie di stato in attesa di veder chiariti, in ogni punto, i motivi, le dinamiche, le cause e le responsabilità di queste morti misteriose. Storie in attesa di verità e giustizia.
Storie come quella di Aldo Bianzino, falegname residente a Pietralunga, arrestato per coltivazione e detenzione di marijuana e trovato morto, alle 8 di mattina del 14 ottobre 2007, nella cella numero 20 sezione 2B, presso la casa circondariale di Capanne, alla periferia di Perugia, dove era detenuto da meno di 48 ore. Morto. Di carcere. Di aneurisma cerebrale. Di silenzio e impunità. Di allarme sociale. Di violenza. Di indagini lacunose. Di oltraggio fisico e morale. Nudo.
Il 25 novembre scorso, all’udienza preliminare ordinaria il gip Marina De Robertis ha rinviato a giudizio per reiterata omissione di soccorso, omissione di atti di ufficio e falsificazione di registri l’agente di polizia penitenziaria addetto alla sorveglianza di Aldo. Ha inoltre ritenuto ammissibile che l’associazione “Verità e giustizia per Aldo Bianzino” si costituisca parte civile al processo, nonostante il parere contrario (“carenza di legittimazione attiva”) del pubblico ministero Giuseppe Petrazzini. Lo stesso magistrato inquirente che emise l’ordinanza di perquisizione della casa di Bianzino e ordinò e convalidò l’arresto di Aldo e della sua compagna Roberta; che decise l’autopsia, affidando le indagini al corpo di polizia penitenziaria, lo stesso corpo indagato per omissione di soccorso; lo stesso magistrato che ha richiesto l’archiviazione del fascicolo aperto per omicidio volontario contro ignoti.
Ma perché non si è prestato soccorso ad Aldo, perché si sono falsificati i registri del carcere per nascondere quanto è accaduto?
Il pm Petrazzini sostiene che “le indagini non evidenziano, anche nella forma del minimo sospetto, l’esistenza di aggressioni né di occasioni in cui le stesse potessero essersi verificate”. Eppure l’autopsia ha riscontrato una lesione epatica ed esiste una perizia medico legale che recita così: “La lacerazione epatica deve essere ritenuta conseguenza di un valido trauma occorso in vita e certamente non può essere ascrivibile al massaggio cardiaco, in riferimento al quale vi è prova certa che avvenne a cuore fermo”. Si può dunque escludere che la lesione al fegato sua stata provocata dai tentativi di rianimazione di Bianzino, come invece ipotizza il pm per escludere l’aggressione.
Ci sono molti altri punti oscuri e lacune nelle indagini: la cella e gli oggetti ivi contenuti non sono stati sottoposti a sequestro; non sono state disposte l’ispezione e il sequestro della cella né sono state prese le impronte digitali; dai filmati delle videocamere dell’istituto di pena appare un individuo (in tuta mimetica) mai identificato.
E ancora. Perché risulta che Aldo sia stato ricoverato in infermeria una sola volta quando un teste sostiene di averlo visto uscire dalla sua cella due volte?
Domani, venerdì 11 dicembre, ci sarà l’udienza per l’opposizione alla richiesta di archiviazione per l’accusa di omicidio di Aldo Bianzino a opera di ignoti. L’associazione sarà presente con un presidio davanti al tribunale di Perugia.
E quando ci incontriamo non c’è resa e in strada ogni volta si rinnova l’intesa, la libertà dove sta, la trovi nella mappa non restare tra la gente distratta.