Spagna: annullato il processo contro l’associazione di consumatori di cannabis. Definitivamente chiuso il caso contro la coltivazione collettiva di cannabis di Pannagh.
Pannagh adesso richiede la restituzione delle piante confiscate e denuncia la detenzione sproporzionata dei suoi membri.
Il concetto di cannabis club di consumatori sta partendo in diversi Paesi Europei e presto sarà presentato ufficialmente al Parlamento Europeo.
2 agosto 2006, Federazione delle Associazioni Cannabiche, Spagna
La sesta sezione della Corte Provinciale (Audiencia Provincial) di Bizkaia ( Paesi Baschi, Spagna), il 14 marzo 2006, ha deciso di chiudere il caso contro tre membri dell’associazione Pannagh e il proprietario del terreno affittato dall’associazione.
Queste persone sono state arrestate il 3 ottobre 2005 durante il raccolto delle piante che l’associazione ha coltivato per i suoi membri. La chiusura del caso è ora definitiva, poiché il pubblico ministero non ha presentato alcun appello contro la decisione.
1. Il processo
La corte provinciale ha sentenziato che non ci sono indicazioni di alcun reato, poiché questa piantagione soddisfa i requisiti richiesti dalla giurisprudenza della Corte Suprema per essere considerato un “uso comune”; in altre parole, la condizione precedente dei partecipanti, il modello di un circuito chiuso che evita l’entrata a terzi e l’assenza di scopi commerciali.
Inoltre, la Corte considera che il fatto che Pannagh sia un associazione legalmente costituita esclude la clandestinità che è presupposta essere propria di organizzazioni criminali dedite al traffico illecito di droghe.
I fatti risalgono al 3 ottobre 2005, quando la polizia municipale di Bilbao, dopo aver intercettato la nostra piantagione in connessione con un’investigazione che ipotizzava traffico di droghe, ordinò un intervento per sequestrare tutte le piante e per imprigionare le persone presenti sul terreno che stavano raccogliendo. Il peso lordo delle piante confiscate ammontava a 150 kg.
Dopo che il caso fu archiviato le piante rimasero a disposizione della corte. Apparentemente, furono seccate e le parti non psicoattive rimosse, cosi che quando furono presentate per l’analisi al laboratorio governativo di Bizkaia, il loro peso si era ridotto a 17,400 Kg.
La difesa di Pannagh richiese la chiusura del caso, sostenendo che le piante erano destinate per il consumo dei membri dell’associazione e non per traffici illeciti. Il Pubblico Ministero si rifiutò di chiudere il caso, sebbene riconobbe che la destinazione della cannabis fosse per un consumo sociale e accettò di archiviare l’accusa di traffico illecito, che era stata parte delle imputazioni all’inizio del caso.
2. Cosa imparare da questo caso
Pannagh vuole esprimere la sua soddisfazione per la decisione della Corte Provinciale, poiché, come detto fin dall’inizio, le nostre attività sono legali e volte soltanto alle necessità dei nostri associati. Nelle legislazioni attuali sugli stupefacenti, è perfettamente possibile creare un circuito chiuso senza scopi commerciali allo scopo di poter disporre di cannabis (o altre piante o sostanze psicoattive).
Denunciamo il carattere sproporzionato delle misure che sono state intraprese contro di noi. È assurdo imprigionare persone che sono perfettamente identificabili e le cui attività sono trasparenti. Sarebbe stato sufficiente inviarci un invito a consegnare le nostre dichiarazioni. Nemmeno comprendiamo la confisca delle piante senza aver considerato prima se ci fosse stato un reato.
Chiediamo la restituzione delle piante confiscate. Se le nostre attività erano legali, lo devono essere stati anche i loro prodotti. In questa sentenza la corte riconosce l’uso medicinale che sarebbe stato fatto delle piante confiscate, quindi è incomprensibile che persone malate non possano ottenere una pianta così utile nel mitigare i loro sintomi. Per coloro che non la utilizzavano a scopo terapeutico, il risultato paradossale è stato che ora sono obbligati a rifornirsi sul mercato illegale.
3. Sicurezza legale per la coltivazione
Pannagh ancora una volta oltrepassa e pone fine all’insicurezza legale riguardo alla coltivazione per uso personale. È assurdo vedere centinaia di incarcerazioni e procedimenti contro piccoli coltivatori, che poi finiscono con il riconoscimento dell’uso personale. Questa situazione aumenta l’arbitrarietà e viola i diritti di coloro che coltivano per uso personale per non dipendere dal mercati illegale.
Perciò, il membro italiano del Parlamento Europeo Giusto Catania, membro del Comitato per le Libertà Civili, Giustizia e Affari interni, autore del rapporto sulle politiche sulle droghe in EU del dicembre 2004, ha presentato una interpellanza scritta alla Commissione Europea a proposito di Pannagh.
Catania chiese alla commissione se non sia un’incoerenza, oltre che un attacco a vari diritti che sono riconosciuti dalla legislazione Europea, che in una nazione dove è depenalizzato l’uso personale di droghe, e dove può costituirsi un’associazione legale di consumatori, possa essere intrapresa un’azione legale contro l’associazione per coltivazione per uso personale.
La replica della Commissione a Catania fu chiara: l’Unione Europea non ha alcuna competenza nella regolazione di attività relazionate alla detenzione e al consumo. Gli Stati membri sono obbligati dalle Nazioni Unite e dalla legislazione Europea a perseguitare ogni cosa che abbia a che fare con la distribuzione commerciale di droghe proibite. Ma questo obbligo scompare nel caso di coltivazione per uso personale, e questo fatto, in accordo con il sovrintendente Frattini, non è previsto nella struttura delle Decisioni del Consiglio. La coltivazione di cannabis per uso personale è regolata da leggi nazionali (ricordo agli italiani le tre sentenze recenti, in primo grado, in Corte d’Appello ed in Cassazione, di assoluzione per coltivazione ad uso personale).
Il Governo Spagnolo è dunque competente per regolamentare la coltivazione per uso personale, com’è lo stesso per gli altri Stati Membri dell’EU, determinando la quantità di piante che ciascuna persona può detenere per il suo proprio consumo.
4. I Cannabis Social Club al Parlamento Europeo
La coltivazione collettiva di Pannagh non è un caso isolato. In tutta Europa stanno sorgendo iniziative più o meno concrete che usano diversi modelli legali. Nei Paesi Baschi ci sono 5 associazioni, molte di più si stanno formando in Spagna, così come in Svizzera, Belgio, Olanda, Danimarca, Germania, Polonia e Repubblica Ceca ( In Italia si stanno facendo sforzi notevoli per convincere i non-consumatori ed i consumatori che è una possibilità concreta e rispettosa per tutti, e ci si auspica siano molte le richieste di associazioni). Numerosi gruppi hanno espresso la loro volontà di iniziare a tempi brevi.
Dopo la chiusura del caso di Pannagh, l’ENCOD (Coalizione per Giuste ed Efficaci Politiche sulle Droghe), formata da 145 organizzazioni associate provenienti da più di 20 Paesi Europei, ha deciso di cominciare uniformando i vari modelli in quello che potrebbe essere chiamato il Cannabis Social Club, allo scopo di presentarlo al Parlamento Europeo il prossimo mese di Novembre, in concomitanza con un simposio che l’ENCOD organizzerà nella sede del Parlamento Europeo a Bruxelles.
L’Encod, la cui campagna “Freedom to Farm” (libertà di coltivazione) è durata abbastanza a lungo, propone che la coltivazione di cannabis e altre sostanze per uso personale, seguendo un circuito chiuso e senza finalità commerciali, possa diventare trasparente nell’intera Unione Europea, per trovare un’alternativa al mercato nero attuale.
Anche la Federazione Spagnola di Associazioni Cannabiche sta attualmente discutendo un modello per regolamentare la coltivazione di cannabis in circuiti chiusi, per presentarlo al Governo Spagnolo e al Parlamento.
Bilbao, 2 agosto 2006 Asociaciòn de Usuarios/as de Cannabis Pannagh
Contacto: Martin Barriuso
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