12 febbraio 2014
La Corte Costituzionale ha bocciato la cosiddetta “legge Fini-Giovanardi” del 2006, che sul trattamento sanzionatorio in tema di sostanze stupefacenti aveva equiparato le droghe pesanti e quelle leggere. Nella camera di consiglio di oggi, si legge in una nota, la Consulta ha infatti “dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge – degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del dl 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti)”.
Con la decisione della Corte si torna alla normativa precedente, ovvero alla legge Iervolino-Vassalli, la 162/1990. In attesa del giudizio Stefano Anastasia, presidente della Società della Ragione, aveva spiegato che la bocciatura della Fini-Giovanardi avrebbe avuto conseguenze pressoché immediate su circa 10mila detenuti, perchè “gli arrestati per droghe leggere sono il 40% degli arrestati per reati in materia di stupefacenti”.
Sandro Gozi, deputato Pd e vicepresidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, definisce “bellissima” la notizia della bocciatura, da parte della Consulta, della legge sulle droghe del 2006, la cosiddetta Fini-Giovanardi. “Anche se per ragioni formali (nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto; Ndr) dalla Consulta è arrivata la bellissima notizia della bocciatura della legge Fini-Giovanardi – dice Gozi in una nota – una normativa adottata non solo attraverso le forzature nelle procedure ma, soprattutto, a scapito del comune buon senso. Una legge che ha creato criminali senza che vi sia stato un crimine e che non ha ottenuto alcun risultato concreto né nella lotta ai traffici illeciti, né in direzione della prevenzione del consumo”. Una legge che, secondo Gozi, ha avuto un solo effetto: “Portare a un tale sovraffollamento le strutture carcerarie, che ogni giorno viene violata la dignità umana, mentre il crimine organizzato continua il suo business miliardario”.
Come si legge nel comunicato ufficiale, “la Corte costituzionale, nella odierna Camera di consiglio ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge – degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti)”.
Il segretario di Radicali italiani Rita Bernardini, da sempre in prima fila nella lotta contro la Fini-Giovanardi e per la legalizzazione delle droghe leggere, ha commentato con un “Evvivaaaaaaaaaaaa!!!!” sulla sua pagina Facebook. Anche Sel, con Daniele Farina, primo firmatario di una proposta di legge alla Camera sulla legalizzazione della cannabis, ha scritto, su Twitter: “La notizia è buona, di quelle che illuminano una vita. E adesso al lavoro, c’è la Iervolino-Vassalli da riformare”. La legge a cui fa riferimento Farina è datata 1990, venne modificata da un referendum (promosso proprio dai Radicali) nel 1993 e prevede pene più basse – rispetto alla Fini-Giovanardi di cui prenderà il posto – per le droghe leggere.
“Atteniamoci alle carte -dice Giulio Manfredi della direzione di Radicali Italiani. Il 30 dicembre 2005 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi firmò un decreto-legge (n. 272/2005) di soli sei articoli riguardanti cinque materie diverse, fra le quali il finanziamento con lotteria delle imminenti Olimpiadi Invernali di Torino e la sospensione delle pene detentive per i cittadini tossicodipendenti sottoposti a programma di recupero.
Il successivo 21 febbraio 2006, sempre Ciampi promulgava la legge di conversione del suddetto decreto-legge (legge 49/2006, sedicente “Fini-Giovanardi), che conteneva al proprio interno la riscrittura del Testo Unico sugli stupefacenti, con l’equiparazione delle pene inerenti le cosiddette “droghe leggere” a quelle delle cosiddette “droghe pesanti” (da una pena minima di due anni e massima di sei si passava a una pena minima di sei e massima di venti); tutto questo era stato ottenuto dalla premiata coppia Fini-Giovanardi senza dibattito parlamentare, imponendo il voto di fiducia a un Parlamento in via di scioglimento per le imminenti elezioni politiche. E tutto questo sotto il titolo “Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi”. Alla faccia del recupero! La legge “Fini-Giovanardi” ha significato decine di migliaia di anni di carcere (nelle carceri italiane) per decine di migliaia di persone, italiani e non.
Ciampi, quattro anni fa, si era espresso molto chiaramente contro la funzione notarile che alcuni vorrebbero attribuire al Presidente della Repubblica, per cui la sua firma sui provvedimenti sarebbe un atto dovuto.
Alla luce di tutto questo, dopo la sentenza della Consulta di oggi, la domanda sorge spontanea: Presidente emerito Ciampi, nulla da dichiarare?
E magari qualcosa dovrebbe dichiarare anche il Presidente del Consiglio Enrico Letta.
Il capo del governo avrebbe dovuto convocare, a norma di legge, la Conferenza nazionale sulle Droghe e non l’ha fatto. Avrebbe dovuto dare il benservito al Capo del Dipartimento Antidroga, dott. Giovanni Serpelloni, e non l’ha fatto. Non contento, ha mandato allo sbaraglio l’Avvocatura dello Stato, che si è costituita in giudizio presso la Consulta per difendere (con argomenti risibili) la legge “Fini Giovanardi” … contro la quale si era espresso a tempo debito il PD!