Di Eleonora Martini
12.01.2016
Intervista. Parla il Radicale Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Affari esteri: «Il decreto legislativo riguarda solo le strutture autorizzate alla colvitazione della marijuana. E il no del centrodestra alla delega è solo un divieto pavloviano»
Sottosegretario Benedetto Della Vedova, con un Radicale come lei che guida l’intergruppo parlamentare per la cannabis legale, facciamo subito chiarezza: a chi si applica la depenalizzazione dei reati connessi alla coltivazione della marijuana contemplata nella delega parlamentare affidata nel 2014 al governo perché la trasformasse in legge entro il 17 gennaio 2016?
Si applica solo ai soggetti autorizzati alla coltivazione a scopo scientifico o per la produzione di farmaci. Pensiamo per esempio alle strutture dell’esercito dove è stato avviato il programma sperimentale per la produzione statale di cannabis terapeutica.
Per affrontare il problema più generale del desolante panorama penitenziario, il parlamento intervenne trasformando l’eventuale violazione di alcune regole a cui l’autorizzazione è subordinata da reato penale in illecito amministrativo, con multe comunque fino a 30 mila euro. Non si tratta di una depenalizzazione complessiva.
Allora Gasparri, Forza Italia, Ncd, e tutta la destra che si oppone a questa depenalizzazione non hanno capito nulla?
È un riflesso pavloviano: di fronte alla sola parola depenalizzazione vedono rosso e partono con i proclami e i divieti. Ma in questo caso stanno sparando con la spingarda a un povero passerotto perché si tratta solo di una razionalizzazione del sistema penale che riguarda pochissimi soggetti autorizzati. Da un punto di vista politico rimane il problema che come si evocano diritti civili, parte fuoco di fila. Non so perché lo fanno: è un connotato, come direbbe Marco Pannella, da coalizione Fanfani-Almirante degli anni ’70.
È il centrodestra, l’area a cui lei è sempre stato più vicino…
Sì, ma il centrodestra che ha dimenticato in fretta la rivoluzione liberale e il garantismo, se non è applicato a Berlusconi (che pure io non disapprovo), quello di Bracardi: più galera per tutti. Perciò molti di noi se ne sono andati in tempi non sospetti. Ed è uno dei motivi per cui il governo fa fatica ad andare avanti nelle riforme strutturali del carcere e della giustizia.
Se il Cdm di venerdì prossimo non approvasse la norma, si troverebbero in difficoltà anche strutture come lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze dove è avviata la produzione di Stato della cannabis terapeutica?
Che ci sia o meno, questo intervento non interferisce con le autorizzazioni già rilasciate o da dare. Si tratta solo di non gravare ulteriormente sul sistema penale impegnando magistrati, forze dell’ordine, giudici e avvocati.
Come per il reato di clandestinità, il governo si muove in base alla percezione comune e non su dati di realtà…
Chiunque fa politica e si misura con il consenso sa che l’emotività è uno degli elementi con cui bisogna fare i conti. Ma se l’obiettivo è trovare soluzioni allora bisogna avere il coraggio di affrontare le critiche e di fare le scelte che si ritengono giuste, nella convinzione che saranno i risultati a placare le preoccupazioni dell’opinione pubblica.
Il ministro Orlando dice che nel governo «è ancora in corso una valutazione sul testo». Secondo lei, alla fine, prevarrà la spinta liberale o quella bigotta?
Non so, perché spetta al Cdm decidere. Però voglio dire ai colleghi dell’Ncd che noi dell’intergruppo la legalizzazione la vogliamo portare in Italia attraverso la porta principale, cioè con il voto in parlamento. E con un grande dibattito pubblico, a cui stiamo lavorando, nel quale, svincolati da una logica di maggioranza e opposizione come è giusto che sia nell’ambito dei diritti, si confronteranno le ragioni dei proibizionisti e di chi, come noi, crede nella legalizzazione come strumento di sicurezza, di legalità fiscale e di lotta alle mafie. L’iter della legge è già iniziato alla Camera dove le commissioni Giustizia e Affari sociali stanno lavorando e continueranno a farlo, anche questa settimana.
Ma come è possibile che in un Paese in cui le forze dell’ordine dettano legge sul reato di tortura o sui codici identificativi, nessuno dia retta alla relazione dell’Antimafia che parla di «fallimento dell’azione repressiva» sullo spaccio e auspica una «depenalizzazione della materia»?
Io la vedo esattamente al contrario: 220 deputati e 70 senatori hanno firmato il pdl per la legalizzazione della cannabis e la liberalizzazione della coltivazione ad uso personale. Dobbiamo essere consapevoli che si sta andando con forza in quella direzione. Non dobbiamo farci condizionare dalle polemiche strumentali contro il governo: è evidente che la battaglia parlamentare si può vincere. E in termini di legalità, salute e bilancio pubblico sarebbe un passaggio rilevantissimo che per una volta l’Italia potrebbe fare prima degli altri. Perché che si arrivi alla legalizzazione della cannabis è certo, il problema è quando.