L’arresto dell’ex zar antidroga Giovanni Serpelloni ora dirigente dell’Asl 20 ma fino al 2014 a capo del Dipartimento Politiche antidroga (Dpa) della Presidenza del consiglio dei ministri e uomo di fiducia degli onorevoli Giovanardi e Gasparri, è qualcosa di più di una chiamata di responsabilità del singolo. Molte delle associazioni e realtà impegnate nel sistema di intervento sulle dipendenze, tra cui il Coordinamento delle comunità di accoglienza, Forum droghe, Antigone ed altre, avevano da anni segnalato oltre ad un indirizzo ed un approccio ideologico e fortemente proibizionista alla questione droghe, anche chiare irregolarità e forzature ideologiche nella gestione dei fondi di quegli anni del dipartimento antidroga.
Riccardo De Facci
L’arresto dell’ex zar antidroga Giovanni Serpelloni ora dirigente dell’Asl 20 ma fino al 2014 a capo del Dipartimento Politiche antidroga (Dpa) della Presidenza del consiglio dei ministri e uomo di fiducia degli onorevoli Giovanardi e Gasparri, è qualcosa di più di una chiamata di responsabilità del singolo. Molte delle associazioni e realtà impegnate nel sistema di intervento sulle dipendenze, tra cui il Coordinamento delle comunità di accoglienza, Forum droghe, Antigone ed altre, avevano da anni segnalato oltre ad un indirizzo ed un approccio ideologico e fortemente proibizionista alla questione droghe, anche chiare irregolarità e forzature ideologiche nella gestione dei fondi di quegli anni del dipartimento antidroga.
Parliamo di alcune decine di milioni di euro del fondo nazionale antidroga in gestione al Dpa diretto dal dott. Serpelloni. Malgrado questo, non solo il governo Berlusconi con il sottosegretario Giovanardi lo vollero fortemente a capo del Dipartimento, ma i successivi governi Monti e Letta con il ministro Riccardi lo mantennero nell’incarico fino alla decisione di sostituzione, su proposta del sottosegretario Del Rio, del governo Renzi.
Nel corso della sua permanenza in carica e sotto la responsabilità politica del sottosegretario Giovanardi, le politiche ed il posizionamento italiano anche in campo internazionale sulle droghe hanno toccato il suo punto più estremo in una direzione proibizionista e ciecamente punitiva. Di tale politica il dott. Serpelloni è stato fiero scudiero e rappresentate: basti citare le posizioni oltranziste sulla “riduzione del danno” e sull’approccio punitivo che obbliga alla cura; oppure il posizionamento internazionale in alleanza con gli Stati più reazionari e proibizionisti. Il Sert e le comunità di recupero vennero in quel periodo escluse dal confronto tecnico-politico (basti ricordare la gestione orientata della conferenza nazionale del Dpa sulle droghe di Trieste), perché non allineate e vennero totalmente tagliate fuori dalla gestione di ricerche o progetti nei fondi nazionali destinati.
A conferma delle denunce e dei nostri dubbi ora apprendiamo dalla Guardia di Finanza che, secondo l’accusa, in questo caso non solo Serpelloni e soci avrebbero preteso una percentuale sulle somme incassate e poi direttamente 100 mila euro, a nome dell’Asl 20, dalla società assegnataria di fondi pubblici destinati all’assistenza e alla manutenzione del software che avrebbe dovuto raccogliere in tutta Italia i dati dei servizi per le dipendenze, pena la revoca dell’incarico (calcolate l’impatto, la diffusione e la dimensione di un progetto come questo, se pensiamo che sono quasi 200 mila le persone dipendenti in Italia). Oltre a ciò, non soddisfatti, la successiva gara di assegnazione di tale progetto sarebbe risultata, dalle indagini, essere turbata ed assegnata ad una società compiacente, i cui soci amministratori risultano a loro volta indagati nel medesimo procedimento e che risultano, casualmente, coinvolti anche in successivi progetti assegnati dal Dipartimento nazionale.
Tale vicenda, pur nei suoi risvolti personali, ci sembra finalmente riaprire, purtroppo ancora tramite la magistratura, uno squarcio su uno dei periodi più critici ed oscuri della storia italiana in tema di droghe. Periodo in cui l’Italia, con la legge Fini Giovanardi, decise di punire soprattutto con il carcere il consumo di sostanze stupefacenti, con l’illusione di pene che avrebbero dovuto obbligare alla cura, con la loro durezza, migliaia di consumatori e tossicodipendenti. E invece, non ci fu alcun risultato reale, nessun aumento degli accessi nel sistema di cura e si ottenne invece un sovraffollamento che ancora scontiamo.
E con l’incarcerazione di migliaia di giovani consumatori, il traffico e il consumo di droghe è invece in questi anni aumentato e sempre più complesso. Contemporaneamente, con una direzione del Dpa ideologica, accentratrice e orientata politicamente nei finanziamenti e nelle ricerche in maniera anacronistica, si è interrotto un dialogo tra servizi pubblici, privato sociale no profit, regioni, ministeri e società civile che sta alla base di un sistema, quello dei consumi, abusi e dipendenze, che sempre più appartiene alle riflessioni sociali sulle politiche giovanili e sul modello di futuro che vogliamo. Un dibattito che è attuale e aperto perfino negli Stati Uniti.
Memori di tutto ciò, vorremmo ricordare a questo governo quanto sia necessario recuperare in tempi ristretti su questi temi una delega e una guida politica istituzionale, ancora assente da anni, e una accelerazione su questioni legali e legislative. Come la revisione della legge 309 sulle droghe e la convocazione, tanto attesa, della conferenza nazionale sulle droghe, essendo passati ormai 15 anni da quella di Genova della ministra Turco. Passi necessari per cancellare definitivamente i residui di governi che sul tema delle sostanze hanno provocato danni enormi alle persone ed ad uno di migliori sistemi di risposta d’Europa.
*vice presidente Cnca